Emmanuel Bonsu: vigili imputati ma ancora sul libro paga del comune.
Emmanuel Bonsu |
Il 29 settembre del 2008 hanno pestato, aggredito e umiliato un ragazzo di colore scambiato per il palo di un pusher. E a due anni dal giorno della vergogna, otto dei dieci agenti della polizia municipale coinvolti nel pestaggio di Emmanuel Bonsu stanno ancora lavorando per il Comune di Parma, in attesa del verdetto del processo che vede lo stesso Comune sia come parte civile lesa dal comportamento tenuto dagli 10 vigili imputati (due già condannati con rito abbreviato), sia come responsabile civile e quindi chiamato a risarcire il giovane ghanese.
Una situazione quasi paradossale quella che si è venuta a verificare e che è ancora tutta da chiarire, visto che il processo è ancora in corso e sono ancora da ascoltare vari testimoni oculari di quel pestaggio avvenuto al parco Falcone e Borsellino di Parma: il Comune che fa causa a se stesso e a suoi dipendenti, che a loro volta fanno causa al Comune, come nel caso dell’ex comandante dei vigili urbani, Emma Monguidi, che ha chiesto un risarcimento di un milione di euro per essere stata declassata.Ma andiamo con ordine. Il 29 settembre di due anni fa, alle 18, Emmanuel Bonsu, 22enne ganese, è stato fermato al parco Falcone e Borsellino di Parma da alcuni vigili urbani, in borghese, durante un servizio antispaccio. Il giovane, infatti, è stato scambiato per il palo di un pusher. Un racconto preciso dei fatti lo fornisce lo stesso Bonsu, durante l’udienza in tribunale del primo di marzo.
“Intorno a me c’era del movimento – racconta, accompagnato in aula dai genitori – due donne alle spalle, due uomini mi passeggiavano di fronte. Sulle prime non trovavo nulla di strano. Queste stesse persone, qualche secondo dopo, mi hanno afferrato per le mani gridandomi di star fermo. Ero molto spaventato, non capivo che cosa stesse succedendo e ho tirato via le braccia e ho cercato di scappare. Sono stato atterrato e mi sono trovato un piede sulla faccia e una pistola puntata al volto. Un’altra persona si era gettata sulle mie gambe. Nessuno ha detto che si trattava di una operazione di polizia”.
Il racconto prosegue con il viaggio in auto, verso il comando dei vigili: “Dopo avermi trascinato in auto uno di quelli che mi avevano sbattuto a terra e ammanettato nel parco mi ha insultato: “Negro di m…., ti spaccherei la faccia”. Era furioso perché si era rotto il braccialetto che gli aveva regalato la sua fidanzata. Prima di allontanarsi mi ha dato un calcio”. L’occhio sinistro presentava un’ecchimosi e una delle mani sanguinava.“Non mi hanno medicato – ha continuato – una di quelle persone ha detto che andava a cercare dei cerotti ma poi non li ha portati. Mi è stato dato dell’alcol, dicendomi: “Bevi che dopo stai meglio”. Poi mi hanno fatto spogliare e, tutto nudo, mi hanno detto di fare dei piegamenti due o tre volte. Prima di uscire dalla cella mi hanno detto: Rivestiti”.
Una situazione quasi paradossale quella che si è venuta a verificare e che è ancora tutta da chiarire, visto che il processo è ancora in corso e sono ancora da ascoltare vari testimoni oculari di quel pestaggio avvenuto al parco Falcone e Borsellino di Parma: il Comune che fa causa a se stesso e a suoi dipendenti, che a loro volta fanno causa al Comune, come nel caso dell’ex comandante dei vigili urbani, Emma Monguidi, che ha chiesto un risarcimento di un milione di euro per essere stata declassata.Ma andiamo con ordine. Il 29 settembre di due anni fa, alle 18, Emmanuel Bonsu, 22enne ganese, è stato fermato al parco Falcone e Borsellino di Parma da alcuni vigili urbani, in borghese, durante un servizio antispaccio. Il giovane, infatti, è stato scambiato per il palo di un pusher. Un racconto preciso dei fatti lo fornisce lo stesso Bonsu, durante l’udienza in tribunale del primo di marzo.
“Intorno a me c’era del movimento – racconta, accompagnato in aula dai genitori – due donne alle spalle, due uomini mi passeggiavano di fronte. Sulle prime non trovavo nulla di strano. Queste stesse persone, qualche secondo dopo, mi hanno afferrato per le mani gridandomi di star fermo. Ero molto spaventato, non capivo che cosa stesse succedendo e ho tirato via le braccia e ho cercato di scappare. Sono stato atterrato e mi sono trovato un piede sulla faccia e una pistola puntata al volto. Un’altra persona si era gettata sulle mie gambe. Nessuno ha detto che si trattava di una operazione di polizia”.
Il racconto prosegue con il viaggio in auto, verso il comando dei vigili: “Dopo avermi trascinato in auto uno di quelli che mi avevano sbattuto a terra e ammanettato nel parco mi ha insultato: “Negro di m…., ti spaccherei la faccia”. Era furioso perché si era rotto il braccialetto che gli aveva regalato la sua fidanzata. Prima di allontanarsi mi ha dato un calcio”. L’occhio sinistro presentava un’ecchimosi e una delle mani sanguinava.“Non mi hanno medicato – ha continuato – una di quelle persone ha detto che andava a cercare dei cerotti ma poi non li ha portati. Mi è stato dato dell’alcol, dicendomi: “Bevi che dopo stai meglio”. Poi mi hanno fatto spogliare e, tutto nudo, mi hanno detto di fare dei piegamenti due o tre volte. Prima di uscire dalla cella mi hanno detto: Rivestiti”.
Ma al triste racconto vanno aggiunti due particolari: una busta, consegnata dai vigili al momento del rilascio con i documenti del ragazzo, con scritto Emmanuel negro, e una foto, trovata nel computer di uno degli agenti della polizia municipale che ritrae il vigile con Emmanuel in braccio, con l’occhio tumefatto e dolorante, esposto come un trofeo di guerra. Due dettagli non trascurabili, che, secondo le accuse fanno capo alla stessa persona: il 15 marzo, infatti, il giovane ghanese ha riconosciuto in aula l’autore della foto, nonché la persona che secondo una perizia calligrafica avrebbe scritto l’epiteto razzista sulla busta.
Il 14 ottobre, 4 vigili vennero arrestati. L’allora assessore comunale alla sicurezza, Costantino Monteverdi si dimise. E ora è amministratore unico di una partecipata del Comune, la Stu stazione, che si occupa dei lavori di riqualifica della stazione ferroviaria di Parma. Contestualmente si cambiò il comandante dei vigili, Emma Monguidi, rimasta dipendente comunale ma che ora però cita il sindaco di Parma in tribunale, chiedendo un risarcimento di un milione di euro. Una cifra, spiegano i legali, dovuta a seguito del trasferimento di incarico che avrebbe demansionato il ruolo della Monguidi, oltre che isolarla e delegittimarla. La richiesta è stata presentata al collegio di conciliazione dell’ufficio del lavoro dai suoi avvocati secondo i quali la scadenza naturale del contratto (il 30 settembre 2008) sarebbe stata fatta passare come una rimozione dall’incarico ad opera del primo cittadino.
Il processo è iniziato formalmente l’ottobre scorso e vede implicati 10 agenti della polizia municipale di Parma (tra cui un ispettore capo e un commissario) accusati di aver pestato, umiliato e insultato Emmanuel Bonsu. Il Comune di Parma è stato anch’esso chiamato in giudizio quale responsabile civile e potrebbe rispondere dei danni, tanto da aggiungere nelle spesa comunale la voce «Processo Bonsu».
Dei vigili, 8 hanno scelto il rito ordinario, che è ancora in corso. La strada è ancora lunga: il 29 marzo si ritorna in aula per ascoltare i testimoni che hanno assistito all’arresto e al pestaggio del giovane. Il processo dibattimentale a carico degli otto vigili che hanno scelto il rito ordinario è iniziato lo scorso 7 dicembre: le udienze sono aperte al pubblico e vengono interamente riprese dalle telecamere di Un giorno in Pretura, trasmissione di RaiTre. Le accuse a carico degli imputati sono differenti e di varia gravità: si va dalle lesioni, al sequestro di persona e al falso ideologico, con l’aggravante del razzismo. Dei quattro agenti imputati finiti agli arresti domiciliari all’inizio dell’indagine, attendono il giudizio Pasquale Fratantuono e Mirko Cremonini.
Il 14 ottobre, 4 vigili vennero arrestati. L’allora assessore comunale alla sicurezza, Costantino Monteverdi si dimise. E ora è amministratore unico di una partecipata del Comune, la Stu stazione, che si occupa dei lavori di riqualifica della stazione ferroviaria di Parma. Contestualmente si cambiò il comandante dei vigili, Emma Monguidi, rimasta dipendente comunale ma che ora però cita il sindaco di Parma in tribunale, chiedendo un risarcimento di un milione di euro. Una cifra, spiegano i legali, dovuta a seguito del trasferimento di incarico che avrebbe demansionato il ruolo della Monguidi, oltre che isolarla e delegittimarla. La richiesta è stata presentata al collegio di conciliazione dell’ufficio del lavoro dai suoi avvocati secondo i quali la scadenza naturale del contratto (il 30 settembre 2008) sarebbe stata fatta passare come una rimozione dall’incarico ad opera del primo cittadino.
Il processo è iniziato formalmente l’ottobre scorso e vede implicati 10 agenti della polizia municipale di Parma (tra cui un ispettore capo e un commissario) accusati di aver pestato, umiliato e insultato Emmanuel Bonsu. Il Comune di Parma è stato anch’esso chiamato in giudizio quale responsabile civile e potrebbe rispondere dei danni, tanto da aggiungere nelle spesa comunale la voce «Processo Bonsu».
Dei vigili, 8 hanno scelto il rito ordinario, che è ancora in corso. La strada è ancora lunga: il 29 marzo si ritorna in aula per ascoltare i testimoni che hanno assistito all’arresto e al pestaggio del giovane. Il processo dibattimentale a carico degli otto vigili che hanno scelto il rito ordinario è iniziato lo scorso 7 dicembre: le udienze sono aperte al pubblico e vengono interamente riprese dalle telecamere di Un giorno in Pretura, trasmissione di RaiTre. Le accuse a carico degli imputati sono differenti e di varia gravità: si va dalle lesioni, al sequestro di persona e al falso ideologico, con l’aggravante del razzismo. Dei quattro agenti imputati finiti agli arresti domiciliari all’inizio dell’indagine, attendono il giudizio Pasquale Fratantuono e Mirko Cremonini.
Marcello Frattini e Ferdinando Villani sono stati condannati rispettivamente e a tre anni e quattro mesi e a due anni e 10 mesi con rito abbreviato.
Fonte: articolo tratto integralmente da “IL FATTO QUOTIDIANO”