La vulnerabilità delle donne immigrate tra tratta, sfruttamento e clandestinità
sabato, Agosto 10th, 2013Alcune invece contattano il numero solo per richiedere informazioni di largo raggio, sul come fare le denunce o sulle norme di custodia dei figli. Un elemento che serve a capire le difficoltà che le migranti incontrano proprio a livello di accesso alle informazioni e ai servizi, oltre alla comprensione linguistica”.
Oggi la Direttiva Europea n. 29 del 25 ottobre 2012 istituisce le norme minime in materia di diritti di informazione, di assistenza linguistica e protezione delle vittime di violenza, tenendo conto anche delle donne e dei minori stranieri. Disposizioni che potrebbero mettere in discussione delle norme attualmente in vigore in Italia. Dal Rapporto ombra della piattaforma italiana Lavori in Corsa: 30 anni Cedaw risulta infatti che la protezione delle vittime di tratta e sfruttamento sessuale, generalmente senza documenti in regola, sia resa più complessa dalle modifiche introdotte dal Pacchetto Sicurezza del 2009, giacché è evidente che “se per informarsi o esporre denuncia queste persone rischiano di essere trattenute ed espulse, ovvero soggette a procedimenti penali, la richiesta di aiuto diminuisce drasticamente” soprattutto quando “la denuncia degli sfruttatori non sempre garantisce alle vittime un’adeguata protezione”.
“Oltre a questo – afferma Maura Misiti – se si vuole realmente contrastare la tratta di esseri umani bisognerebbe monitorare il fenomeno con una raccolta sistematica dei dati a livello globale, come ha fatto recentemente l’Eurostat, dove emerge che il nostro Paese ha il primato per tratta di esseri umani: su 23.632 vittime nell’Unione europea, 6.426 sono in Italia. Altrettanto inquietante è il fenomeno della tratta dei minori, che possono arrivare in Europa anche con modalità legittime come motivi di studio o adozione, tanto che dal 23 ottobre 2012 è entrata in vigore la legge italiana di ratifica della Convenzione di Lanzarote.
Spostando l’attenzione sulle donne straniere che lavorano come colf o badanti in Italia, il Rapporto ombra della Cedaw cita un’indagine del 2007 in cui si evidenziava un 17,5% di vittime di discriminazione, con un 23% di maltrattamenti e sfruttamenti economici e un 16,9% di molestie sessuali, “generalmente sottaciute a causa della condizione di isolamento, per paura di perdere il lavoro, la casa, o di essere passibili di denuncia e di espulsione se irregolari”.
“Il fenomeno delle collaboratrici domestiche straniere – afferma Maura Misiti – è decisamente poco conosciuto e include situazioni di enorme vulnerabilità, laddove esiste un rapporto diretto col proprio datore di lavoro. Un’area di sommerso e clandestinità che le svariate leggi fatte non hanno risolto, anzi incentivando il lavoro nero. Una questione che mette peraltro in discussione il sistema di welfare italiano, dove la famiglia si trasforma in ammortizzatore sociale, spesso scaricandosi sulle sole donne”.
Interpellata sul fenomeno delle mutilazioni genitali femminili nel nostro Paese, Maura Misiti risponde: “Dal 2006 esiste una legge che punta sulla prevenzione, con linee guida del ministero della salute rivolte agli operatori sociosanitari che però non hanno avuto una grande diffusione. Una ricerca del 2009 stima che in Italia vi siano circa 35.000 vittime di mgf, di cui un migliaio di potenziali vittime con età inferiore ai 17 anni. Comunque le cose iniziano a muoversi anche nei paesi d’origine delle immigrate, e oggi ben 18 Paesi africani hanno una legge nazionale che sanziona la pratica”.
Maura Misiti |
“Un altro dramma a cui bisognerebbe dare risalto – continua Maura Misiti – è quello della violenza all’interno dei Centri di Identificazione ed Espulsione. Limbi con persone molto vulnerabili e senza diritti, dove la cronaca ha evidenziato una lunga cronologia di stupri e maltrattamenti, ben documentati dal movimento “Donne contro i Cie”.
In quanto alla ratifica della Convenzione di Istanbul votata all’unanimità dal parlamento italiano, Maura Misiti conclude: “L’entrata in vigore è condizionata dalla ratifica di almeno 10 Paesi, di cui 8 appartenenti al Consiglio di Europa, e l’Italia è il quinto ad aver aderito. Quindi, anche se rappresenta un segnale politico molto importante, c’è ancora tanta strada da fare prima che la convenzione venga realmente applicata, anche a livello nazionale, attraverso un processo di implementazione di interventi legislativi, di sensibilizzazione e di prevenzione, includendo la creazione di un osservatorio nazionale sul fenomeno. Per concludere vorrei ricordare che la Convenzione prevede indicazioni specifiche verso le donne migranti e richiedenti asilo, rese particolarmente vulnerabili dal loro status“.
FONTE: il Fatto Quotidiano, articolo di Erika Farris