Suicidio? Livorno, si uccide a poche ore dalla libertà.

“E’ ancora poco chiara la dinamica del suicidio di Agatino Filia, 56 anni, che avrebbe terminato la sua pena proprio oggi. Lo hanno trovato per le scale del carcere con un lenzuolo vicino e dei lividi attorno al collo. Nell’istituto Le Sughere si sono avute 17 morti in 8 anni e 9 suicidi, un numero eccezionale per un carcere di medie dimensioni”.

 

…sarebbe il 54° suicidio (ancora da verificare) e il 155° decesso, nelle carceri italiane.Ancora da verificare? Proprio così, perché questo episodio ci appare veramente anomalo.Agatino Filia, infatti, viene ritrovato morto (sdraiato), su di una rampa di scale, luogo di per sé “insolito” perché non molto isolato,  nel carcere “le Sughere” di Livorno, con lividi sul collo, e parte di un lenzuolo accanto, unica “prova” del suo presunto suicidio. Dico “insolito”, perché in genere i detenuti non sono liberi di girovagare per il carcere da soli, all’infuori della loro sezione d’appartenenza, e quindi, a parer mio, quando Agostino si trovava sulle scale ci sarebbe dovuta essere, se non lì accanto, almeno nelle ristrette vicinanze, una guardia carceraria; e in secondo luogo, perché la dinamica è veramente poco chiara.
A proposito del carcere, anzi scusate “istituto Le Sughere”, volevo darvi un paio di numeri: dall’ anno 2003 ad oggi, in questo istituto sono morti 17 detenuti, 3 solo nel 2011, e diversi di questi morti, si sono verificati in circostanze alquanto misteriose. A testimonianza di questo, Mario, 43 anni, durante un programma radiofonico “Radiocarcere” su radioradicale.it a cura di RICCARDO ARENA, racconta – “nel carcere di Livorno, ne succedono di tutti i colori, ma nessuno ne parla. Nelle celle, continua Mario- viviamo come animali, ammassati uno sull’ altro in 6 o 7 per 22 ore al giorno, ma guai a lamentarci, guai a chiedere una semplice medicina. Alle guardie, non si può chiedere nulla, questa è la regola per sopravvivere in carcere, altrimenti si rischia la CELLA LISCIA, la cella d’isolamento”. 
E Mario nella “cella liscia” c’è stato… “era inverno, ma mi lasciarono lì in mutande. Dormivo su un materasso buttato lì a terra, NUDO, senza neanche una coperta. Rannicchiato su quel materasso non sapevo più dov’ero, e cosa ero.Una notte siccome urlavo dalla disperazione,  entrarono e mi picchiarono, in 6 o 7 guardie, coi guanti e con gli scarponi che in cima hanno il ferro. E quelli fanno male. Mi hanno spaccato la faccia”. Ovviamente, il suo non è stato l’unico caso, racconta Mario che nel carcere questa è la NORMALITA’.
Da un’ indagine eseguita da Ristretti Orizzonti, blog di cultura e informazione dalla Casa di Reclusione di Padova e dall’ Istituto di Pena Femminile della Giudecca, realizzato da, detenute/i e operatori volontari, si scopre che: A “Le Sughere” i detenuti sono circa 450 e 17 morti negli ultimi 8 anni, per un carcere di medie dimensioni, rappresentano un dato eccezionalmente grave. In altre carceri con un numero di detenuti compreso tra 400 e 500 nello stesso periodo i decessi sono stati molti di meno: Agrigento 3, Alessandria 4, Ancona Montacuto 5, Avellino 4, Busto Arsizio 5, San Gimignano 1, Trapani 1, Vibo Valentia 4, Vigevano 2. A Livorno si è registrato anche il caso particolarmente controverso di Marcello Lonzi, ritrovato cadavere in cella l’11 luglio 2003 (il corpo coperto di lividi), che è stato oggetto di una lunghissima inchiesta giudiziaria conclusasi recentemente con l’archiviazione: morto per “aritmia maligna”.Inutile aggiungere che in questo, ma come penso in qualsiasi altro carcere italiano, tranne FORSE qualche piccola eccezione, di cui in realtà non sono al corrente, in questi cosiddetti “istituti” non si mette in pratica nessun tipo di riabilitazione nei riguardi dei detenuti, che vengono lasciati alla mercé della più deplorevole vita carceraria: abusi (e non mi riferisco solamente delle guardie carcerarie, ma anche dagli stessi detenuti), ingiustizie, e la lista, purtroppo è ancora lunga. 
Quindi mi viene da pensare che se anche di suicidio si trattasse, non meravigliamoci se poi qualcuno s’ammazza, il carcere è una realtà che ti logora dentro, e senza un’adeguata e DOVUTA riabilitazione, finita la condanna sei finito anche tu…
un ringraziamento speciale a: “Repubblica” per l’articolo da cui ho preso spunto. 
Riccardo Arena di “Radio Radicale” e il programma radiofonico che conduce “Radiocarcere”

“Ristretti Orizzonti” per i dati (inquietanti) forniti sulle carceri.

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