L’Aquila, cittadinanza onoraria a Ilaria Cucchi e Patrizia Aldrovandi

L'Aquila, cittadinanza onoraria a Ilaria Cucchi e Patrizia Aldrovandi

Con la sola astensione di due consiglieri, il Comune dell’Aquila ha conferito la cittadinanza


onoraria a Patrizia Aldrovandi e Ilaria Cucchi rispettivamente madre e sorella di Federico e Stefano, uccisi mentre erano in custodia dello Stato.

C’è una campagna nazionale di sensibilizzazione contro la violazione di diritti civili

perpetrata nelle caserme e nelle carceri” ha affermato il consigliere di Rifondazione Comunista Enrico Perilli, “purtroppo questa indecenza è molto più frequente di quella che possiamo pensare dato che noi conosciamo solo i casi più agghiaccianti, quando si arriva alla morte. Ma al dil là di questi – ha continuato il consigliere – “quotidianamente centinaia

di cittadini vengono picchiati nelle caserme e nelle carceri”.

“In uno stato civile democratico, il corpo di un fermato è inviolabile, è sacro. Quindi è giusto riaffermare questi principi dando la cittadinanza onoraria a chi ha avuto i propri cari uccisi in questi circostanze e ha sostenuto delle battaglie di anni contro i depistaggi messi in campo da settori dello stato per affermare questa verità”.

Nella discussione che si è sviluppata in Consiglio prima dell’approvazione

dell’emendamento, Vincenzo Vittorini del gruppo consiliare L’Aquila che vogliamo ha voluto ricordare con forza anche i processi che a L’Aquila stanno cercando di fare giustizia per quanto accaduto in città prima del terremoto del 6 Aprile. Anche i consiglieri Ettore di Cesare di Appello per L’Aquila e Stefano Palumbo del Partito Democratico sono intervenuti per sottolineare le ragioni a favore della mozione di Perilli: “Se tutti i cittadini italiani si battessero ogni giorno per ottenere giustizia come hanno fatto queste due donne di cui sono onorato da oggi di essere concittadino – ha affermato Di Cesare – oggi il Paese non sarebbe

in questa situazione”.

** I fatti e i processi, in breve **

– Federico Aldrovandi

Il 21 giugno 2012 la Corte di cassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di

reclusione per “eccesso colposo in omicidio colposo” ai quattro poliziotti che il 25 settembre 2005 picchiarono violentemente Federico Aldovrandi, mentre il ragazzo, diciottenne, era di ritorno a casa.
Durante lo scontro due manganelli si spezzarono. Aldovrandi morì per insufficienza funzionale cardio-respiratoria.
Amnesty International dopo il giudizio di terzo grado del processo ha parlato di “un lungo e tormentato percorso di ricerca della verità e della giustizia. Solidarietà e vicinanza ai

familiari di Federico Aldrovandi, che in questi anni hanno dovuto fronteggiare assenza di collaborazione da parte delle istituzioni italiane e depistaggi dell’inchiesta”. Il 5 marzo 2010 tre poliziotti sono stati condannati nel processo Aldrovandi bis sui presunti depistaggi nelle indagini mentre un quarto è stato rinviato a giudizio.

– Stefano Cucchi

Il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi, 31 anni, venne trovato in possesso di 21 grammi di

hashish e per questo posto sotto custodia cautelare e il giorno dopo processato per direttissima. I genitori dopo l’udienza hanno cercato più volte di vederlo per conoscere quantomeno le condizioni fisiche del loro famigliare.
La famiglia ebbe notizie di Cucchi quando un ufficiale giudiziario si recò presso la loro

abitazione per notificare l’autorizzazione all’autopsia.
Al momento della morte, avvenuta presso l’ospedale “Sandro Pertini” il 22 ottobre 2009, Stefano Cucchi pesava 39Kg, 6 in meno rispetto a quando era entrato in carcere, presentava ematomi agli occhi, lesioni ed ecchimosi alle gambe, al viso (inclusa una frattura della mascella), all’addome (inclusa un’emorragia alla vescica) ed al torace (incluse due fratture alla colonna vertebrale).
Il 5 giugno 2013 la Terza Corte d’Assise ha condannato in primo grado quattro medici

dell’ospedale, a un anno e quattro mesi e il primario a due anni di reclusione per omicidio colposo, un medico a 8 mesi per falso ideologico, mentre ha assolto sei tra infermieri e guardie penitenziarie, i quali, secondo i giudici, non avrebbero contribuito alla morte di Cucchi.

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