Archive for the ‘Controinformazione’ Category
Terni, polizia carica operai ex ThyssenKrupp in corteo: sindaco ferito
mercoledì, Giugno 5th, 2013Il corteo con alcune centinaia di persone che, partito dai cancelli dell’Ast, avrebbe avuto come meta la sede della prefettura, in realtà è proseguito, di corsa, fino alla stazione, con i manifestanti che hanno superato lo sbarramento della polizia. In questa occasione si è registrato qualche contatto tra agenti e manifestanti, con questi ultimi che sono entrati nella stazione. L’ingresso in stazione era avvenuto in modo pacifico dopo che manifestanti e agenti si erano fronteggiati per alcuni minuti, senza arrivare a contatto, davanti agli ingressi dello scalo. Lo sciopero era stato indetto dai sindacati di categoria dopo l’esito non soddisfacente degli ultimi incontri con la proprietà del sito siderurgico, la multinazionale finlandese Outokumpu, che aveva considerato “non accoglibili” le offerte presentate sinora per l’acciaieria, paventando l’ipotesi di allungare i tempi per la vendita.
Lo sciopero quindi è stato prorogato fino alle 14. “Nella storia della città una cosa del genere non era mai accaduta – ha detto il segretario della Fiom Cgil Claudio Cipolla ai lavoratori riuniti davanti al palazzo del Governo -, abbiamo denunciato non solo formalmente quanto successo e chiesto le dimissioni del questore”. Spiegando che il prefetto si è scusato più volte con la delegazione e ha annunciato che la regia dell’ordine pubblico sarà da ora in poi coordinata da lui direttamente, Cipolla ha aggiunto che gli è stato chiesto di avviare tutte le procedure e gli approfondimenti del caso per individuare i responsabili di quanto successo. “Insieme alle istituzioni regionali e ai parlamentari – è stato detto ancora dal sindacalista – verrà promossa un’azione nei confronti del ministero, che doveva garantire il corretto svolgimento della manifestazione”.
“Oggi se fossimo stati matti o terroristi, ci sarebbe stata la guerra civile” ha concluso Cipolla, annunciando che la prossima settimana verrà organizzata una nuova iniziativa di cui nelle prossime ore verranno resi noti “modi e forme”.
FONTE: il Fatto Quotidiano
Barcellona: scontri tra pompieri e polizia [+ link video]
mercoledì, Maggio 29th, 2013Oggi circa 500 vigili del fuoco hanno energicamente protestato davanti alla sede del Parlament di Barcellona contro gli ormai cronici buchi nell’organico e per la mancanza di risorse che il governo regionale ha destinato alla campagna estiva contro gli incendi. Cariche, scontri e un arresto.
La protesta dei pompieri catalani, molti dei quali indossavano caschi e divise, è iniziata sotto la sede del ‘ministero’ della Sicurezza ed è arrivata fin sotto il portone del parlamento regionale di Barcellona, dove la tensione è
presto aumentata fino a che le unità antisommossa dei Mossos d’Esquadra hanno caricato i vigili del fuoco che però hanno resistito. I manifestanti avevano acceso un gran falò a pochi metri dalla sede istituzionale ed hanno lanciato petardi e uova contro i cordoni degli agenti della Brigata Mobile dei Mossos schierati a protezione dell’assemblea autonoma.
Slogan ed esplosioni hanno disturbato la seduta della Commissione agli Interni alla quale stava partecipando il titolare Ramon Espadaler e il consigliere all’agricoltura Josep Maria Pelegrí, chiamati a presentare la campagna antincendio. Naturalmente il rappresentante del governo catalano ha fatto notare che mentre durante la riunione istituzionale erano state adottate decisioni importanti grazie al ‘civile dibattito’ fuori i lavoratori si erano comportati in modo ‘aggressivo e violento’. Ma ha mancato di specificare che la campagna destinata a frenare la distruzione del territorio catalano durante i mesi estivi ha segnato nuovi tagli al personale e alle risorse da destinare a questo difficile e pericoloso compito. La Generalitat catalana ha infatti deciso di mantenere lo stesso stanziamento previsto lo scorso anno, ma di ridurre il numero di vigili del fuoco impegnati nella campagna e soprattutto il numero di ore retribuite ai pompieri ausiliari, fondamentali nel contrasto degli incendi estivi visti i buchi di organico tra quelli a tempo pieno.
Dopo la prima carica ne è seguita una seconda ma i lavoratori non hanno voluto indietreggiare e quindi ne sono seguiti degli scontri durante i quali un pompiere – Rafael Blanco – è stato arrestato e poi rilasciato ma solo dopo esser stato denunciato per ‘resistenza a pubblico ufficiale’ e altri reati. Ma il vigile del fuoco ha negato di aver mai lanciato pietre mentre non ha smentito di aver tentato di togliere una radio a un celerino giustificandosi con la necessità di difendersi dai poliziotti che stavano agendo con estrema violenza contro i lavoratori ed in quel momento ha ricevuto una violenta manganellata.
La detenzione del pompiere ha generato per alcuni minuti una forte rabbia tra i manifestanti, che hanno minacciato di andarselo a riprendere fin dentro gli uffici della polizia nel Parlamento dove era stato condotto. Poi però avendo ricevuto rassicurazioni sulla pronta liberazione del loro compagno, i pompieri hanno atteso la sua scarcerazione ottenuta anche grazie all’intervento di alcuni deputati regionali e degli attivisti sindacali.
IMPORTANTE! Firmate questa petizione per lottare contro la violenza sulle donne.
lunedì, Maggio 27th, 2013Vorrei invitare tutti quelli che non l’avessero ancora fatto, a recarsi sul sito Change.org e firmare la petizione lanciata da “Ferite a morte” (www.feriteamorte.it) al Governo ed al Parlamento Italiano, che chiede gli Stati Generali contro la violenza, SUBITO.
Vi giro di seguito il testo della petizione e l’appello fatto da Serena Dandini.
Grazie. M.N. Suburbanrevol il blog.
Ancor prima che materia giuridica, è
emergenza culturale. Coinvolge tutti, uomini e donne. Bisogna affrontarla subito, partendo dalla prevenzione come altri Paesi hanno già fatto.
Per questo chiediamo al Governo di convocare con massima urgenza gli Stati Generali contro la violenza sulle donne. La lotta contro ogni forma di sopruso, fisico e psicologico, verbale e virtuale, deve essere la priorità dell’agenda politica di Governo e Parlamento.
Appello di Serena Dandini
A volte le cose sono più semplici di quello che sembrano. Non servono investimenti mastodontici e non c’è bisogno di chiamare l’esercito o invocare la pena di morte. In Italia ci sono già leggi, esempi virtuosi, energie locali e esperienze professionali che lavorano da anni contro la violenza alle donne: vanno ascoltate, coordinate, finanziate e collegate in un nuovo piano nazionale.
Una donna maltrattata, minacciata, molestata, umiliata da violenze fisiche o psicologiche è un dramma e un danno per la società intera, non un trascurabile effetto collaterale di una storia d’amore andata a male.
Siamo tutti coinvolti e responsabili, anche se non direttamente violenti, perché abbiamo comunque ignorato o avallato comportamenti considerati bonariamente scontati, endemici della nostra cultura mediterranea, simpatici machismi che fanno folklore e nessun danno. E invece anche le parole sono delle armi taglienti. Non possiamo più sentire negli articoli di cronaca frasi come “Delitto passionale” o “Raptus improvviso di follia”. Che raptus può essere un gesto annunciato da anni di violenze, minacce e ricatti?
Lo sapevano tutti che prima o poi qualcosa sarebbe successo: i vicini, il quartiere intero, persino al pronto soccorso e al commissariato di zona dove fioccano a volte denunce inascoltate. L’Italia è stata severamente redarguita dalle Nazioni Unite nella relazione di Rashida Manjoo, Rapporteur speciale del 2012 che dopo gli insulti al presidente della Camera avrebbe forse rincarato la dose:
“La maggior parte delle manifestazioni di violenza in Italia sono sotto-denunciate nel contesto di una società patriarcale dove la violenza domestica non è sempre vissuta come un crimine… e persiste la percezione che le risposte dello Stato non saranno appropriate o utili”.
Parole pesanti, gravissime, che avrebbero dovuto almeno stimolare un dibattito e che invece sono scivolate via nei cestini dei ministeri. Se ci sgridano per il debito pubblico o lo spread che s’innalza, corriamo come bambini impauriti a giustificarci mentre davanti a queste “vergogne” i governi fanno spallucce.
La violenza maschile sulle donne non è una questione privata, ma politica.
Ecco perché vi chiedo di firmare l’appello di “Ferite a morte” che chiede al Governo e al Parlamento di convocare senza indugi gli Stati Generali contro questa violenza. Servono interventi immediati, è necessario riconoscere l’urgenza e istituire finalmente un Osservatorio Nazionale che segua il fenomeno.
Grazie,
Serena Dandini via Change.org
RODOTA’: la buona azione di Bologna.
sabato, Maggio 25th, 2013Stefano Rodotà |
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
…inoltre voglio pubblicare la splendida lettera di Stefano Rodotà pubblicata su “Il Manifesto”, che spero, tolga eventuali dubbi e chi ne ha, e faccia capire a chi ancora non l’ha capito quanto è importante e fondamentale votare A.
Buona lettura e buon voto. M.N.
Si svolge domenica 26 maggio a Bologna un referendum sul finanziamento alla scuola privata
importante, difficile e rischioso. Ma la politica, quella vera, è anche, e in molti casi soprattutto, proprio capacità di assumere rischi quando sono in questione principi, quando bisogna cercar di promuovere mutamenti nella società e nel sistema politico-istituzionale. Quel che dovrebbe sorprendere, allora, non è che qualcuno abbia avuto l’ardire di promuovere un referendum, ma che questo referendum si debba fare. E oggi, in presenza di iniziative politiche a dir poco azzardate, è più che mai necessario riprendere il filo, spezzato in questi anni, della politica costituzionale e della legalità che essa esprime.
L’oggetto specifico è quello ricordato – risorse pubbliche a beneficio di scuole private. Per giustificare questa scelta, a Bologna, e non solo, si adoperano argomenti di opportunità e ritornano le contorsioni giuridiche alle quali da anni si ricorre per aggirare l’articolo 33 della Costituzione. Ma questo, davvero, è un punto non negoziabile, per almeno due ragioni. La prima riguarda la necessità di rispettare la chiarissima lettera della norma costituzionale che parla di una scuola privata istituita “senza oneri per lo Stato”. Ma bisogna anche ricordare – e questa è la seconda considerazione – che è sempre la Costituzione a prevedere che lo Stato debba istituire “scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. In tempi di crisi, questa norma dovrebbe almeno imporre che le scarse risorse disponibili siano in maniera assolutamente prioritaria destinate alla scuola pubblica in modo di garantirne la massima funzionalità possibile. Non a caso, Piero Calamandrei definì la scuola pubblica “organo costituzionale”, individuando la linea dalla quale non può allontanarsi nessuna istituzione dello Stato.
Il cardinale Bagnasco ha dichiarato che quel finanziamento permette allo Stato di risparmiare. Non comprende che non siamo di fronte a una questione contabile. Si tratta della qualità dell’azione pubblica, del modo in cui lo Stato adempie ai suoi doveri nei confronti dei cittadini. La consapevolezza di questi doveri si è assai affievolita in questi anni, e le conseguenze di questa deriva sono davanti a noi. È ottima cosa, allora, che siano proprio i cittadini a ricordarsene e a chiedere con un referendum che la legalità costituzionale venga onorata.
I cittadini bolognesi hanno oggi la possibilità di far valere un principio, al di là delle convenienze. E, comunque si concluda questa vicenda, è stata fatta una buona azione civile, destinata a lasciare un segno nelle coscienze.
Buon voto a tutte e a tutti.
Stefano Rodotà
Morto Don Gallo, l’altra faccia della Chiesa: addio al prete degli ultimi e dei movimenti. +[VIDEO]
mercoledì, Maggio 22nd, 2013Don Gallo insieme a Maurizio Landini |
Sigaro, basco, voce roca. L’iconografia di un Che Guevara anziano con la tonaca.
Il sacerdote genovese ha speso la sua vita in rotta con le gerarchie ecclesiastiche. Nel 1970 fu il cardinale Siri a “licenziarlo” perché troppo di sinistra: da allora restò senza parrocchia, ma con tenti fedeli. Tra loro, Fabrizio De Andrè.
Mai restio a “sporcarsi le mani” in politica, ha sostenuto Doria e Vendola, mentre avrebbe visto bene Berlusconi “in Africa”. E a Grillo disse: “Non fare il padreterno”Mario Portanova | Il sigaro, il cappello, la voce roca, le sue verità rivoluzionarie. E’ morto a Genova Don Gallo (si chiamava Andrea, ma restava sempre sottinteso), da diversi giorni in condizioni di salute critiche.
Don Gallo lo guardavi, lo sentivi parlare, e non potevi fare a meno di pensare che strano corpaccione fosse la Chiesa cattolica italiana, capace di contenere lui insieme a Ruini, Scola, Andreotti, Comunione e liberazione… Prete, comunista, anarchico, no global, irriducibile dei “movimenti”, sempre dalla parte degli “ultimi”. La copertina di uno dei suoi tanti libri (“Non uccidete il futuro dei giovani”) lo ritrae in campo rosso con il basco, il pugno alzato, la bandiera della pace: un Che Guevara anziano e con la tonaca. Al G8 di Genova, nel 2001, si spese moltissimo. Incontrò Manu Chao per organizzare il concerto del musicista-icona dell’epoca, vide l’attacco immotivato dei carabinieri al corteo dei Disobbedienti di Casarini: “Una vera imboscata”, dirà a caldo pochi giorni dopo, e “Carlo muore”.
Don Gallo saluta! |
Anche lui, di fronte alla “caccia all’uomo” in piazza e “al vergognoso termine della Diaz”, prova in quei giorni lo spiazzamento di chi ha “tutt’ora tanti amici nelle forze dell’ordine”. Don Andrea Gallo era nato a Genova l’8 luglio del 1928. Furono i Salesiani di don Bosco, i preti che stavano coi ragazzi, ad accendere la sua vocazione precoce. Ma con le gerarchie ecclesiastiche i rapporti non furono mai facili.
Tanti gli incarichi di frontiera – riformatorio, carcere – tanti gli stop e i trasferimenti forzati. Tra i suoi primi avversari Giuseppe Siri, storico cardinale di Genova. Siri, si ricorda nella
biografia ufficiale di don Gallo sul sito della Comunità di San Benedetto al Porto, era preoccupato per le sue predicazioni, per tutti quei discorsi che “non erano religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti”. Nel 1970, quando davanti agli altari di molte chiese italiane il cristianesimo sposava pericolosamente i fermenti dell’estrema sinistra, fu “licenziato” dalla parrocchia del Carmine a Genova, perché alla Curia non piacque affatto il suo paragone tra i danni della droga e quelli determinati da disuguaglianze e guerre.
Da quel momento don Gallo resta un prete senza parrocchia, ma con tanti fedeli. Uno di questi è Fabrizio De Andrè, che gli diceva: “Ti sono amico perché sei un prete che non mi vuol mandare in Paradiso per forza”. Pochi anni dopo, dall’incontro con don Federico Rebora, nasce la comunità di San Benedetto al Porto, che accoglie tossicodipendenti, alcolisti, malati psichici… La bella trattoria della comunità, “‘A lanterna”, di fronte al mare, è sempre stata aperta a ospiti e agitatori di passaggio in città.
FONTE: “Il Fatto Quotidiano” per l’articolo, Il video YouTube: canale di “sergiogibbe“.
Roma, sabato 18 maggio 2013, Manifestazione Nazionale.
venerdì, Maggio 17th, 2013
BASTA NON POSSIAMO PIU’ ASPETTARE!
Diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, al reddito, alla cittadinanza per la giustizia sociale e la democrazia.
Sabato 18 maggio i metalmeccanici si mobilitano e scendono in piazza a roma perché cinque anni fa con il governo Berlusconi ci avevano detto che la crisi non c’era, era passeggera, addirittura superata. negli ultimi due anni col governo monti, visto che la crisi non si poteva più negare, si è passati a un uso della crisi per legittimare le politiche di austerità in tutta europa.la scelta di non intervenire sulle cause ha determinato che il 10% della popolazione ha il 50% della ricchezza: i responsabili hanno quindi continuato ad aumentare le proprie rendite. inoltre le banche hanno ridotto il credito e investito in titoli spazzatura e la confindustria ha puntato sulla cancellazione dei diritti e la riduzione del salario. Risultato?
Hanno cancellato l’articolo 18, derogato ai contratti e alle leggi, tagliato la spesa sociale, chiuso ospedali e per 9 milioni di persone non è più garantito il diritto alla salute, chiuso scuole e università, posticipate e ridotte le pensioni. Hanno addirittura provato a generare una guerra tra inoccupati, disoccupati e precari, giovani e non, donne e uomini.l’italia continua a essere il paese con la massima evasione fiscale e la minore tassazione delle rendite finanziarie mentre attraverso le politiche fiscali hanno continuato a spremere pensionati e lavoratori dipendenti. i risultati di questa scelta sono: licenziamenti, aumento delle disuguaglianze sociali, impoverimento e inaccessibilità al lavoro. Questa condizione di solitudine ha addirittura portato persone a togliersi la vita.
Bangladesh, oltre 1000 vittime del lavoro disumano.
giovedì, Maggio 16th, 2013Con 1.127 morti accertati quello avvenuto il 24 aprile scorso in una fabbrica a Rana Plaza, nella regione di Dhaka in Bangladesh, è il bilancio più drammatico al mondo per un incidente legato al lavoro dal disastro di Bhopal, avvenuto in India nel 1984.
Oggi i soccorritori chiudono le operazioni di ricerca delle vittime del crollo del fatiscente edificio che era costituito da otto piani, quasi tutti occupati da piccole aziende tessili con oltre 3000 operai e soprattutto operaie tessili.
La tragedia avvenuta il mese scorso ha portato alla luce le gravi condizioni in cui lavorano gli addetti del settore in un Paese dove vi sono oltre 4.000 fabbriche che producono vestiti per i grandi marchi occidentali e che occupano più di 3 milioni di persone, il 90% donne, in condizioni di lavoro spesso disumane.
Due giorni fa, il ministro dell’Industria Tessile del Bangladesh, Abdul Latif Siddique, ha annunciato la creazione di una commissione, formata da sindacalisti e imprenditori, con l’obiettivo di aumentare il salario minimo degli operai. In Bangladesh un lavoratore guadagna in media meno di 40 dollari al mese.
La commissione esaminerà le attuali norme che regolano i contratti – per lo più inesistenti – e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il governo del Bangladesh ha inoltre dato il permesso ai lavoratori tessili di formare sindacati anche “senza il permesso” dei padroni.
Intanto, in seguito agli scioperi e alle proteste dei lavoratori per i bassi standard di sicurezza e i salari troppo miseri, oltre trecento fabbriche hanno chiuso i battenti nel distretto industriale della capitale Dhaka.
Il Premio Nobel per la pace Muhammad Yunus ha definito “senza senso” la decisione di alcune aziende straniere di “lasciare un Paese che ha avuto grandi benefici dalle loro attività”, invitandole piuttosto a fissare un salario minimo comune per gli operai del settore.
“Questo potrebbe aggirarsi attorno ai 50 centesimi l’ora, due volte il salario medio oggi in Bangladesh – ha sottolineato Yunus – un salario minimo di questa entità potrebbe far parte integrante di una piano di riforma complessivo del settore, che aiuterebbe a scongiurare tragedie come quella del mese scorso”.
Yunus ha quindi lanciato un appello ai consumatori e alle imprese occidentali perchè sostengano la riforma del settore tessile del Bangladesh. L’inventore del microcredito, in un intervento pubblicato sul britannico Guardian, ha sottolineato l’urgenza di migliorare le condizioni di lavoro di circa 4 milioni di lavoratori del suo Paese e di salvare vite umane.
Più di un milione di persone intanto hanno già firmato le petizioni che chiedono ai marchi che si riforniscono in Bangladesh di sottoscrivere il Bangladesh Fire and Building Safety Agreement immediatamente.
Il “Bangladesh Fire and Building Safety Agreement – spiega un comunicato della Campagna Abiti Puliti che invita a firmare la petizione – comprende ispezioni indipendenti negli edifici, formazione dei lavoratori in merito ai loro diritti, informazione pubblica e revisione strutturale delle norme di sicurezza. È un’operazione di fondamentale trasparenza che deve essere sostenuta da tutti gli attori principali bengalesi e internazionali”.
I lavoratori hanno bisogno di soluzioni strutturali per mettere fine a queste condizioni di lavoro insicure. La firma del Bangladesh Fire and Building Safety Agreement e la collaborazione con i sindacati bengalesi sono i primi passi essenziali.
Belgio, video choc: POLIZIA PESTA A MORTE UN DETENUTO. [VIDEO]
mercoledì, Maggio 15th, 2013Jonathan Jacob |
Questa è la terrificante storia di Jonathan Jacob, 26 anni.
06/01/2010 – Mortsel, provincia di Anversa, Belgio.
La sera del 6 gennaio 2010 Jonathan Jacob viene fermato dalla polizia locale perché sotto effetto di anfetamine.
Al momento del fermo è palesemente scosso e molto agitato.
Per questo motivo gli agenti decidono di sottoporlo ad una visita medica.
Il dottore che lo visita, visto l’atteggiamento irrequieto stila il referto raccomandando l’ammissione in un’ospedale psichiatrico.
N.B. Il direttore dell’ospedale locale rifiuterà l’internamento per ben due volte poiché a suo parere non idoneo.
A questo punto viene riportato in cella e spogliato completamente.
Jonathan è visibilmente scosso,piange ed è impaurito, urla, chiede aiuto disperatamente.
Gli agenti, non sanno
come gestire la situazione e richiedono l’intervento della “Squadra di Assistenza Speciale” della polizia di Anversa.
Da questo punto in poi la storia la possiamo vedere nelle scioccanti immagini delle telecamere di sicurezza installate nella cella.
La “Squadra di Assistenza Speciale” lancia nella cella un razzo, e tempo una manciata di secondi gli sono addosso.
OTTO agenti sono sopra Jonathan.
Talmente violente e brutali sono le percosse che dal referto dell’autopsia si scopre che la morte è dovuta ad un’emorragia interna, il medico dichiarerà in un secondo momento “aveva il fegato diviso in due, ed una delle principali arterie nel suo stomaco era rotta, spezzata”.
La cosa ancor più scandalosa di questa storia è che questo video è stato reso pubblico dalla tv Belga solamente in questi giorni; nel frattempo 3 anni sono passati e chissà, magari gli stessi agenti colpevoli di questo OMICIDIO girano indisturbati per le strade del Belgio.
Ora io mi chiedo chi sono i veri criminali in questa storia?
Un povero ragazzo di 26 anni colpevole di aver assunto anfetamine, o degli ASSASSINI travestiti da poliziotti?
…è proprio vero che la ferocia e la vergogna dell’uomo non conosce limiti.
[VIDEO]
E’ morto Luciano Lutring, “il solista del mitra”.
lunedì, Maggio 13th, 2013Il solista del mitra: Luciano Lutring |
Luciano Lutring, il “solista del mitra” come veniva chiamato, è morto stanotte. E’ stato un bandito, e poi un pittore italiano. La sua biografia è stata anche il soggetto di un libro di Andrea Villani: il soprannome gli viene per la sua usanza di nascondere il fucile mitragliatore nella custodia di un violino. Con l’arma effettua rapine tra gli anni Cinquanta e Sessante in Italia e in francia, tanto da diventare il pericolo pubblico numero uno nel suo paese. La figura di Lutring diviene leggendaria assieme al suo stile di vita grandi alberghi, fuoriserie, belle donne.
LUCIANO LUTRING E’ MORTO – Scrive Wikipedia:
La sua attitudine da ladro gentiluomo, unita alle celebri frasi in dialetto milanese pronunciate sui luoghi dei misfatti, contribuisce a rendere Lutring un personaggio popolare.
Il 1 settembre 1965 viene infine ferito ed arrestato a Parigi; sconta 12 anni di carcere (la condanna iniziale era a 22 anni) in Francia, durante i quali inizia a scrivere e dipingere; tiene persino una corrispondenza con l’allora Presidente della Camera Sandro Pertini.
In Francia pubblica “Lo Zingaro”, la sua autobiografia, dalla quale sarà liberamente tratto un film, nel quale Lutring viene interpretato da Alain Delon. Nel 1966, con la regia di Carlo Lizzani, esce un film basato sulla sua storia, dal titolo “Svegliati e uccidi”, interpretato da Robert Hoffmann, Lisa Gastoni e Gian Maria Volonté.
Graziato dal Presidente della Repubblica Francese Georges Pompidou, torna in patria, dove, dopo un periodo di internamento presso il carcere di Brescia, viene nuovamente graziato nel 1977 dal Presidente italiano Giovanni Leone.
La presentazione del romanzo di Villani a lui dedicato:
La sua storia viene riraccontata nei dettagli fin da quando nel 1956 i suoi genitori avevano in gestione a Milano un bar e lui si divertiva a girare a bordo di un’appariscente Cadillac e teneva infilata nei pantaloni una pistola Smith & Wesson scarica. Appena ventenne
amava bighellonare a bordo della sua auto (dove talora celava i residui di furti di polli e conigli) per far colpo sulle ragazze, piuttosto che dedicarsi agli studi musicali che avevano sognato i suoi genitori regalandogli prima una fisarmonica e poi un violino . Casuale fu il suo debutto nel mondo del crimine: un giorno la zia Vittoria lo spedì a pagare una bolletta della luce alle poste. Ma l’impiegato era lento e distratto, tanto che Luciano Lutring si sentì in dovere di richiamarlo con uno spazientito “Allora?”. L’uomo, alzando lo sguardo dal bancone, vide la pistola che il giovanotto, con impermeabile e cappello calato sugli occhi, teneva infilata nei calzoni e spaventato gli consegnò tutte le mazzette di denaro che aveva in cassa. Lutring “pensò per una frazione di secondi a quello che sarebbe stato lecito fare. Quindi a ciò che avrebbe preferito fare”. E così si infilò i soldi nelle tasche dando una svolta definitiva alla sua vita.
“Luciano Lutring – La vera storia del solista del mitra” è un romanzo che racconta come “nessun uomo nasca con l’etichetta criminale… ma che a volte le contingenze potrebbero spingere chiunque nel baratro”. E rievoca le vicende di un uomo capace di attuare rapine con i bossoli che faceva esplodere sotto le scarpe puntando la pistola sempre rigorosamente in alto, ne ricorda i travestimenti, le spaccate con l’auto per procurare vistose pellicce a modelle di cui si era innamorato, i favolosi colpi effettuati con il mitra nascosto nella custodia del violino. Andrea Villani scandisce la vita spericolata di Lutring attraverso i racconti che lo stesso ex criminale gli ha fatto “tra una cena e l’altra, tra un sigaro e una grappa”. Una storia piena di scene drammatiche ma anche di aneddoti estremamente divertenti che apre e si chiude con l’immagine dell’ultima volta che Lutring è stato arrestato dalla polizia: quando la vigilia di Natale del 2007 gli agenti gli sequestrarono lamacchina perché aveva la patente scaduta. Lutring si addormentò su una panchina del commissariato in attesa che le sue figlie gemelle lo riportassero a casa. Dormì sonni tranquilli, lui che i suoi conti con la giustizia li ha per sempre pagati dopo essere stato graziato sia dal presidente francese Georges Pompidou che da quello italiano Giovanni Leone.
FONTE